Solo pochi giorni dopo il Consiglio Comunale di Firenze relativo alla Multiutility, emerge una nuova polemica riguardante la notizia diffusa dalla stampa sulla vendita da parte di Alia delle quote di Toscana Energia a Italgas, quote precedentemente conferite dal comune di Firenze durante il processo di fusione.
Un forte imbarazzo si fa sentire all’interno del PD, con l’assessore alle partecipate Giovanni Bettarini che comunica che se ne sta discutendo, precisando però che attualmente non è stata effettuata alcuna cessione. Tuttavia, in questo frangente è palese che in realtà le municipalità non possono esercitare il controllo sulla Multiutility come previsto nel Testo Unico sulle società partecipate, e che la tanto proclamata trasparenza degli atti societari è stata una mera illusione.
È opportuno richiamare la sentenza del TAR, emessa a seguito del ricorso del consigliere Dmitrij Palagi riguardante un accesso agli atti verso Alia Multiutility, che è stato poi negato dalla stessa. In tale sentenza si afferma che Alia non è una controllata del Comune di Firenze poiché non esistono evidenze di un’influenza dominante; in sostanza, Alia non risponde più a nessun comune.
Infatti, solo un numero limitato di consiglieri e sindaci era a conoscenza dell’accordo stipulato tra Alia, Italgas e Toscana Energia nel dicembre 2022, ossia antecedente al conferimento da parte di Firenze del diritto di opzione d’acquisto su tutte le azioni di Toscana Energia da conferire in Multiutility. Tale informazione è venuta alla luce grazie al
Provvedimento n. 30458 dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato di gennaio 2023. È vero che Alia è una società con capitale pubblico, ma come abbiamo già affermato, si è creata un’entità regolata dal codice civile, applicabile a tutte le aziende commerciali, dove le decisioni strategiche sono demandate agli amministratori, che non sono soggetti al controllo degli Enti Pubblici né alla giurisdizione della Corte dei Conti.
Questa è la rivendicazione pubblicamente sostenuta da Alia, che rivendica con forza la propria condizione di società non sottoposta a controllo pubblico, affermando la sua indipendenza e autonomia, potendo così decidere liberamente di vendere beni e aziende che appartengono a tutti noi.
Questa vendita affrettata solleva ulteriori interrogativi sulla solidità di questa società, tenendo presente come la cassa condivisa di Estra, contestata dal presidente Macrì, fosse necessaria per ottenere un finanziamento di circa 600 milioni, di cui ben 380 destinati a rifinanziare debiti esistenti, e che questa cifra potrebbe non essere sufficiente.
La persistente insistenza nel vincolare la gestione dei servizi pubblici essenziali a logiche finanziarie, come la distribuzione degli utili ai soci e la quotazione in borsa, continua a dimostrarsi essere la vera causa del costante incremento delle bollette e dell’incapacità delle società di realizzare gli investimenti necessari per una gestione adeguata e sostenibile dei cicli di acqua, rifiuti ed energia.
Se vogliamo garantire a queste società la possibilità di perseguire una gestione corretta e sostenibile, l’unica opzione valida è l’affidamento in house; tutte le altre modalità gestionali non faranno altro che riportarci al punto di partenza, come un circolo vizioso.
Coordinamento Associazioni NO Multiutility