Milena Bernabò ricevette la Medaglia d’oro al merito civile per aver salvato «con un istintivo e generoso slancio, altri tre bambini destinate a morte certa». I bambini erano Mario di 5 anni, Mauro e Lina di 10 anni. Era la mattina del 12 agosto 1944, in località Vaccareccia, il luogo dove si verificò l’episodio più cruento della strage nazifascista, dopo quello avvenuto nella piazza della chiesa, dove i soldati tedeschi uccisero circa 130 tra donne, bambini e anziani. Milena Bernabò è venuta a mancare oggi, 2 febbraio 2025, all’età di 96 anni. Era l’ultima donna decorata con la medaglia d’oro di Sant’Anna di Stazzema. Le altre due insignite erano Cesira Pardini, scomparsa nell’aprile 2022, e Genny Bibolotti Marsili, che morì il giorno stesso della strage.
Di seguito è riportata la motivazione con cui le fu conferita la Medaglia d’oro al valor civile dallo Stato Italiano il 12 ottobre 2004: «All’età di sedici anni, a seguito di un rastrellamento, venne condotta insieme ad altri compaesani in una stalla, riuscendo a sfuggire ai proiettili dei soldati tedeschi, protetta dai corpi della sorella e di un’amica. Anche se gravemente ferita, si aprì un varco attraverso il soffitto della stalla, incendiata dalla furia nazifascista, e portò in salvo, con un istintivo e generoso slancio, altri tre bambini destinati a morte sicura. Luminosa testimonianza di coraggio e di elevato spirito di abnegazione».
«Se ne va un pezzo di storia di Sant’Anna di Stazzema – ha commentato il sindaco Maurizio Verona, presidente dell’Istituzione Parco Nazionale della Pace di Sant’Anna. – Una testimone di uno dei momenti più tragici della storia italiana. A Milena Bernabò fu riconosciuta l’onorificenza dallo Stato Italiano per il suo gesto eroico nel salvare tre bambini. Era una eroina e, insieme a Cesira Pardini e Genny Bibolotti Marsili, rappresentava tutte le donne e le bambine che riuscirono a salvarsi dalla strage nazifascista. Per l’esempio che è stata, la ricorderemo, e soprattutto la ricorderemo per la forza e la determinazione che contraddistinsero lei e tutti i superstiti dell’eccidio nel mantenere viva la memoria: un impegno fondamentale, poiché quella data, il 12 agosto 1944, si allontana sempre di più, ma sembra che, nonostante ciò, le ideologie distruttive per il nostro Paese non decadano. A volte sembra che quella ferita non sia mai avvenuta: assistiamo a fatti che rappresentano sintomi pericolosi, e che non dovremmo sottovalutare se vogliamo rispettare e rendere omaggio a chi ha sacrificato la propria vita e a chi ha dedicato un’intera esistenza, come Milena Bernabò, per trasmettere alle generazioni future ciò che lacerò Sant’Anna. Un abbraccio alla famiglia da parte di tutta l’amministrazione comunale di Stazzema».
Milena Bernabò, scomparsa nella sua abitazione di Pietrasanta, in località Baccatoio, dove ha vissuto per 60 anni, è sempre stata una donna che ha ricordato i fatti di Sant’Anna e i luoghi della sua infanzia e adolescenza. Non è un caso se la sua messa funebre si terrà martedì 4 febbraio proprio nella chiesa di Sant’Anna di Stazzema, e come da sua volontà, la sua salma riposerà nel cimitero del borgo stazzemese, oggi Parco Nazionale della Pace e Marchio del Patrimonio Europeo. «Di ciò che visse a 15 anni, alla Vaccareccia, dove fu portata incolonnata dai soldati tedeschi insieme agli altri paesani di Argentiera, parlava sempre. Le faceva sempre male. Si rammaricava di non essere riuscita a salvare una bambina, Nara, che alla Vaccareccia era rimasta tutta bruciata e non aveva potuto fare nulla per aiutarla», racconta la figlia Iole. Milena aveva altri tre figli: Ivo, Elisabetta e Gabriele. Iole portava il nome della sorella di Milena, morta alla Vaccareccia. Ivo, invece, fu chiamato come il fratellino del padre, Ivo Bottari, che aveva 8 anni e fu ucciso nella piazza della chiesa. «Ha sempre vissuto con questi ricordi, con dolore e rimpianto – continua Iole -. Mia madre aveva una pallottola e schegge ancora nel fianco, in un punto del corpo in cui non poterono operarla, e altre 22 ferite inflitte in quella tragica mattina. Oltre a Iole, mia mamma perse anche la sorella Severina e la madre Isola Bartolucci, mentre il padre Lorenzo Bottari fu deportato». Milena si sposò molto giovane con Giuseppe Bottari. Insieme si stabilirono in località Pero a Sant’Anna, sistemando l’abitazione dei genitori del marito che era stata bruciata. Dopo qualche anno, si trasferirono prima a Tonfano e poi a Baccatoio. «Io sono nata lì – ricorda Iole -, ma a Sant’Anna era rimasta poca gente, non c’era più lavoro, così decisero di avvicinarsi alla piana versiliese, anche se per mia madre Milena il suo paese è sempre rimasto Sant’Anna di Stazzema».