Grande operazione antimafia in tutta Italia: 17 misure cautelari e 30 milioni di euro sequestrati. Coinvolto un consorzio di Pontedera.

Frode fiscale nelle importazioni dalla Cina: maxi sequestro da 71 milioni

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Un sequestro di settantuno milioni di euro è stato effettuato dalla Guardia di Finanza in seguito alla scoperta di una frode fiscale legata all’importazione di prodotti dalla Cina in Italia. Sono stati identificati ventinove soggetti economici tra Firenze, Prato, Roma e le rispettive province. Il maxi-sequestro ha colpito diciassette persone (quattro italiane e le altre di origine cinese). Le accuse includono associazione per delinquere con l’intento di commettere diversi reati tributari e attività finanziaria abusiva.

L’importo sequestrato corrisponde all’IVA che sarebbe stata evasa dall’associazione tramite i suddetti soggetti economici. Le indagini hanno rivelato un complotto criminale orchestrato principalmente da imprenditori cinesi ben integrati nel tessuto economico e sociale italiano.

In cima alla struttura c’era una coppia di coniugi cinesi che, tramite diverse società e professionisti compiacenti, “riusciva a introdurre sul mercato italiano beni provenienti dalla Cina – come abbigliamento, calzature, borse e vari accessori – immettendo in libera pratica in altri Stati membri dell’Unione Europea, completamente eludendo l’IVA”, affermano le fiamme gialle.

La frode si fondava sull’abuso del “regime doganale 42”, che permette l’immissione in libera pratica in uno Stato dell’UE senza il pagamento dei dazi doganali e dell’IVA per beni destinati ad essere consumati in un altro Stato membro. In pratica, “la merce cinese veniva ‘sdoganata’ principalmente in Bulgaria, Ungheria o Grecia, per poi essere trasferita direttamente negli hub logistici in Italia, per la successiva vendita”.

Dal punto di vista documentale, “la merce veniva sottoposta a varie cessioni intracomunitarie tra operatori fittizi, accompagnate da fatture per operazioni inesistenti”. Per evitare controlli da parte dell’Amministrazione finanziaria e doganale, le società cessavano la loro attività in un breve periodo (circa 2 anni), per essere sostituite da altri soggetti economici creati ad hoc dall’organizzazione criminale per continuare il piano di frode.

Le indagini hanno anche rivelato che “l’associazione criminale, sostituendosi ai normali canali di intermediazione finanziaria, offriva alla comunità cinese stabilmente residente in Italia, servizi occulti di trasferimento di denaro verso la patria, richiedendo una percentuale sull’importo della transazione”.

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