Un imprenditore, accusato di molestia sessuale nei confronti di una dipendente, è stato condannato a eseguire 240 ore di lavoro di pubblica utilità per un’associazione. L’incidente risale a quattro anni fa, quando l’uomo tentò di baciarsi con la lavoratrice abbassandole la mascherina anticovid: a dicembre è arrivata la sentenza del giudice delle udienze preliminari del tribunale di Prato, che ha accolto la proposta di patteggiamento presentata dal legale dell’imprenditore. Secondo quanto riportato dalla Cgil, che con la Filctem si erano costituite parti civili, “è un grande risultato per la lavoratrice che ha denunciato la violenza subita e per il sindacato”, commentano Cristina Pierattini della segreteria della Camera del Lavoro e Juri Meneghetti, segretario generale della Filctem Prato e Pistoia.
Nella comunicazione del sindacato viene evidenziato che si tratta della “prima volta in Italia” in cui si emette una sentenza di questo tipo: per la prima volta, in un procedimento di violenza di genere, si riconosce il sindacato come parte civile e il suo ruolo di protezione dei lavoratori. Nella sentenza di luglio scorso di accoglimento dell’istanza di costituzione, si legge che ‘il reato contestato ha danneggiato anche l’onorabilità e la personalità della Camera del Lavoro di Prato e della Filctem’, poiché la questione alla base del procedimento penale ‘incide sulla credibilità e il prestigio delle due parti civili, che costantemente fanno attenzione alla sicurezza negli ambienti lavorativi, con particolare riferimento alla discriminazione di genere'”.
Per la prima volta, spiega Meneghetti, “il contesto lavorativo integra di fatto il reato di violenza commesso”, poiché, come illustra l’avvocata Amelia Vetrone, che ha rappresentato in giudizio la lavoratrice vittima di violenza, “pur non essendoci un aggravante specifica, si riconosce il predominante ruolo di potere del datore di lavoro”. Pierattini aggiunge: “viene riconosciuto che il datore di lavoro ha usato la sua posizione di potere e controllo per esercitare la violenza”.
“Non sono procedimenti semplici – afferma l’avvocata Vetrone –. Non esiste una definizione specifica della violenza in relazione al posto di lavoro. Questi procedimenti sono complessi perché le lavoratrici spesso si trovano sole, soggette a ricatti legati alla loro posizione di dipendenza e in queste circostanze è difficile trovare testimoni”.
La violenza sessuale nei luoghi di lavoro è tutt’altro che trascurabile. Cristina Pierattini cita i dati Istat del biennio 2022-2023: il 13,5% delle donne di età compresa tra i 15 e i 60 anni ha subito violenza sul lavoro; per le donne più giovani, tra i 15 e i 24 anni, la percentuale aumenta al 21,2%. “Questa sentenza – commenta – costituisce un precedente, poiché afferma che il sindacato è una rete di sostegno che non lascia sole le lavoratrici, e tramite questo si possono vedere riconosciuti i diritti e la dignità”.
La Camera del Lavoro e la Filctem ottengono il rimborso delle spese processuali sostenute. A riguardo, i due sindacalisti affermano: “Quando, nel maggio dello scorso anno, abbiamo deciso di costituirci parte civile, il nostro unico interesse è stato la tutela e il sostegno alla lavoratrice, nient’altro. Questo è ciò che conta: il sindacato può rompere l’isolamento che spesso impedisce alle donne vittime di denunciare la violenza subita”.