Tra dicembre 2019 e ottobre 2024 oltre 1 milione di posti di lavoro creati, ma le criticità rimangono

Tra dicembre 2019 e ottobre 2024 oltre 1 milione di posti di lavoro creati, ma le criticità rimangono

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Il Rapporto Inapp 2024 (Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche Pubbliche) analizza le prospettive future del mercato del lavoro italiano, suggerendo una nuova visione per affrontare le sfide strutturali legate all’invecchiamento della popolazione e all’influenza crescente delle tecnologie digitali. Tra i risultati positivi, si segnala una crescita dell’occupazione, con un incremento del 3,5% in Italia dal dicembre 2019 all’ottobre 2024, corrispondente alla creazione di oltre 1 milione di nuovi posti di lavoro. Questo ha portato il numero totale degli occupati a 24,1 milioni, con un tasso di occupazione record del 62,5%. Tuttavia, c’è ancora una disparità nel tasso di occupazione rispetto ai 20 principali Paesi dell’UE, con un divario di -8,5% secondo l’indagine Eurostat 2023, equivalente a 3,156 milioni di posti di lavoro a parità di popolazione. La carenza di occupati in Italia è particolarmente evidente nei settori influenzati dalla spesa pubblica, come la sanità (-1,270 milioni), la pubblica amministrazione e l’istruzione.

Rimangono, tuttavia, diverse criticità. 1) Il tasso di inattività è elevato, con un terzo della popolazione in età lavorativa che non partecipa attivamente al mercato del lavoro, e il problema risulta accentuato tra i giovani e le donne. Nel Mezzogiorno, ad esempio, il tasso di inattività femminile raggiunge il 58,2%, superando di 10 punti la media UE.

2) Le aziende incontrano difficoltà nel trovare lavoratori adeguati: oltre il 47% delle imprese riporta problemi nel reclutamento, un dato in aumento di oltre 22 punti rispetto al 2019. La mancanza di servizi di assistenza contribuisce anche a ostacolare l’occupazione femminile e, secondo una ricerca dell’INAPP del 2023, è una delle cause dell’18% delle uscite lavorative e del 40% delle dimissioni volontarie delle donne. La proiezione di una riduzione demografica di circa 4 milioni di persone in età lavorativa entro il 2040 e l’adozione crescente delle tecnologie digitali nei processi produttivi aggravano ulteriormente la situazione.

3) C’è un disallineamento tra domanda e offerta di lavoro: questo mismatch è alimentato da un sistema di formazione professionale poco aderente ai fabbisogni delle imprese e da una diminuzione della popolazione attiva. Un modo per superare tali disallineamenti è rappresentato dalle politiche attive per il lavoro. Il lancio del Programma Gol ha già portato ad un incremento del 178% nella partecipazione formale alle politiche attive da parte di chi cerca lavoro, con 3,1 milioni di persone coinvolte al 30 novembre 2024. Di queste, circa 1,9 milioni (61,3%) hanno intrapreso percorsi di politiche attive o tirocini extracurricolari.

Al 30 novembre 2024, il sistema delle Comunicazioni obbligatorie evidenziava un risultato occupazionale positivo per 1.139 mila lavoratori, corrispondente al 36,6% del totale dei presi in carico, tra i quali il 58% era assunto con contratti temporanei. Tuttavia, dai monitoraggi emergono criticità: crescente difficoltà nel coordinamento di modalità e tempi delle assunzioni, bassa efficacia delle misure formative per obiettivi occupazionali, e funzionamento inadeguato delle condizionalità per i beneficiari dei sostegni al reddito. Queste problematiche richiedono una riforma organica delle politiche attive del lavoro.

Il Rapporto Inapp 2024 sottolinea l’esigenza di un approccio innovativo per affrontare le problematiche del mercato del lavoro. Questo cambio di paradigma dovrebbe concentrare le politiche economiche e lavorative sull’obiettivo di aumentare la produttività, migliorare le competenze dei lavoratori e garantire un utilizzo ottimale delle risorse umane. L’evoluzione necessaria non si limita alla gestione delle risorse pubbliche o alle competenze delle amministrazioni. È essenziale una cooperazione integrata tra istituzioni formative, rappresentanze aziendali, organizzazioni sindacali e il Terzo Settore. Ottimizzare le risorse finanziarie, tecnologiche e umane disponibili è il percorso cruciale per affrontare le criticità del sistema produttivo e migliorare l’equità nella redistribuzione del reddito.

“Gli incentivi per le assunzioni, sotto forma di sgravi contributivi, hanno mobilitato una parte significativa delle risorse pubbliche destinate alle politiche per il lavoro. Nel 2023 sono stati utilizzati per il 25% delle nuove attivazioni, che aumentano al 42% per le donne (il 77% delle assunzioni agevolate delle donne riguarda contratti a tempo determinato e part-time). Il 50% delle imprese con meno di 50 dipendenti, per la maggior parte nei settori dei servizi, ha beneficiato di queste agevolazioni”: ha dichiarato Natale Forlani, presidente dell’INAPP, durante la presentazione del Rapporto.

“L’utilizzo di incentivi nei settori con elevata flessibilità dei rapporti di lavoro ha, tuttavia, ridotto l’obiettivo principale di promuovere assunzioni a tempo indeterminato per periodi minimi di tre anni. Infatti, la durata media dei contratti incentivati non supera i 16 mesi. Questi risultati emergono anche da analisi precedenti dell’INAPP, che non mostrano una significativa incidenza degli sgravi sui tipi di contratti di lavoro e sui trattamenti salariali. In alcuni settori, tuttavia, tali sgravi potrebbero aver contribuito positivamente alla riduzione delle prestazioni irregolari.”

“La vasta estensione degli incentivi per le diverse categorie di disoccupati ha comportato uno spiazzamento negativo per le categorie più svantaggiate. Le ricerche Ril-Inapp evidenziano come gli incentivi per investimenti, legati alla promozione di programmi formativi per i lavoratori coinvolti, siano molto efficaci per la crescita della produttività e per il miglioramento delle condizioni lavorative. Risultati simili sono stati osservati nell’indagine Inapp-Fondimpresa riguardo gli esiti dei progetti di formazione continua. È stata inoltre condotta una prima indagine sull’occupazione a rischio di sostituzione, che ha rilevato un’incidenza del 23%. Un primo rapporto riguardante l’impatto sull’occupazione e sulle retribuzioni sarà presentato nel primo trimestre dell’anno.”

“Tuttavia – avverte Forlani – la crescita degli investimenti nei settori caratterizzati da un’alta intensità di occupazione e bassa produttività è insufficiente. Gli obiettivi della transizione digitale e ambientale potranno essere raggiunti solo se saranno individuate modalità che garantiscano il passaggio delle innovazioni tecnologiche e soddisfino la domanda di nuove competenze nelle piccole imprese. L’istituzione della Zona Economica Speciale (ZES) nel Mezzogiorno rappresenta un’opportunità unica per aumentare l’attrattività degli investimenti e delle opportunità di lavoro: il successo delle politiche potrà dipendere dall’uso di incentivi combinati a investimenti e programmi formativi orientati all’adeguamento delle competenze dei lavoratori.”

“Il 55% dei lavoratori stranieri immigrati – ricorda – è impiegato nei servizi alle persone, nelle costruzioni, nel settore alberghiero e della ristorazione, in agricoltura e nei trasporti e magazzinaggio (dati Istat 2023), con livelli di occupazione e salari inferiori alla media. La quota di famiglie straniere in condizioni di povertà assoluta (30% del totale) è cinque volte superiore a quella dei cittadini italiani. Questi dati suggeriscono la necessità di rivedere le politiche migratorie e di migliorare la qualità e l’attrattiva del mercato del lavoro italiano, all’interno di un contesto che sta sviluppando un mercato del lavoro internazionale con una domanda di lavoratori qualificati superiore all’offerta dei singoli Paesi.”

“L’ampliamento delle opportunità di ingresso per i lavoratori formati nei Paesi di origine, introdotto dalla recente riforma delle quote, dovrebbe essere esteso anche ai nuovi ingressi attraverso percorsi formativi nel nostro territorio, sulla base di esigenze specifiche, responsabilizzando le imprese o gli operatori di placement accreditati.”

“Nonostante le innovazioni introdotte per velocizzare la gestione delle procedure, le quote assegnate tramite ‘click day’ non raggiungono una valutazione adeguata dei fabbisogni del mercato. Le domande delle imprese appaiono disallineate rispetto alle necessità produttive nei territori, e molti lavoratori stranieri giunti in Italia con un nulla osta non hanno firmato un regolare contratto di lavoro. La maggior parte di queste domande proviene da settori con un’alta incidenza di prestazioni irregolari e una presenza elevata di lavoratori stranieri.”

“Le risorse messe a disposizione dal PNRR per le politiche del lavoro – ricorda – hanno finanziato il Programma Nazionale di Politiche Attive del Lavoro Gol (Garanzia di Occupabilità dei Lavoratori), dotato di 5,4 miliardi di euro, finalizzato a raggiungere nel periodo 2021-2025 ambiziosi obiettivi: coinvolgere almeno 3 milioni di beneficiari, tra cui il 75% disoccupati di lungo periodo, donne, giovani sotto i 30 anni, disabili e lavoratori oltre i 55 anni; formare 800 mila beneficiari, di cui 300 mila sulle competenze digitali.”

“Inoltre, il Programma sarà supportato da un ulteriore intervento per potenziare i CPI, al fine di garantire l’erogazione di servizi relativi ai Livelli Essenziali delle Prestazioni (LEP) nell’80% degli sportelli pubblici di ogni regione. Il lancio del Programma Gol ha rappresentato un cambiamento significativo nel panorama delle politiche attive del lavoro, grazie ai livelli di cooperazione attivati dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali nella programmazione e gestione degli interventi attraverso standard e informazioni condivise. Il Programma ha permesso, di primo acchito, di ampliare la partecipazione formale alle politiche attive cha comprende anche i tirocini extracurricolari, il quale ha coinvolto 3,1 milioni di persone.”

“Dall’avvio del Programma Gol al 30 novembre 2024, sono oltre 3,1 milioni le persone prese in carico attraverso la sottoscrizione di un patto di servizio. Di queste, circa 1,9 milioni (61,3%) hanno avviato o terminato una politica attiva o un tirocinio extracurricolare. Esclusa la componente dei ‘work-ready’ (percorso di reinserimento lavorativo), corrispondente a circa la metà delle persone coinvolte, la quota di individui che hanno partecipato a un’attività formativa supera il 20% (328 mila persone). La metà del target è composta da adulti tra i 30 e i 54 anni, e se si considera la fascia oltre i 55 anni, si supera il 70%. Gli individui non immediatamente occupabili sono quelli che presentano maggiori vulnerabilità: il 25% richiede formazione per adeguare le competenze, e il 21,4% per riconvertirle, con il 56% rappresentato da donne. Inoltre, il 45,3% delle persone prese in carico risulta disoccupato da più di 12 mesi.”

“La misura di inserimento lavorativo più utilizzata è quella dei tirocini extracurriculari, risultati efficaci per l’occupazione. Su un totale di 312.894 tirocini avviati e conclusi nel 2021, con almeno un mese di ricerca di lavoro, il 48,6% ha generato una Comunicazione Obbligatoria (Co) per lavoro a un mese dalla conclusione, per un totale di 151.987 tirocini. Al 30 novembre 2024, il sistema delle Co segnalava un esito occupazionale positivo per 1.139 mila lavoratori, corrispondente al 36,6% del totale dei presi in carico, di cui il 58% con contratti temporanei. I tassi di occupazione risultano superiori (45,5%) per chi si avvicina al mercato del lavoro o richiede un riadattamento parziale delle competenze (37,2%).

“I valori diminuiscono per chi beneficia di percorsi di formazione per la riconversione delle competenze (18,3%) o se associati a programmi di inclusione sociale (19,7%). Le attività di monitoraggio indicano diverse criticità in particolare, la crescente difficoltà nel coordinare le modalità e i tempi delle assunzioni con l’attivazione delle misure formative in risposta ai fabbisogni del mercato; problematiche nella valutazione dell’efficacia delle politiche attive per il lavoro e la mancanza di funzionamento delle condizionalità per i beneficiari dei sostegni al reddito. Due linee di intervento relative all’inserimento di soggetti con elevati livelli di disagio e programmi collettivi di reinserimento nei territori di crisi non mostrano risultati significativi, un problema accentuato dalla mancanza di coinvolgimento degli attori privati e del settore sociale nella valutazione dei fabbisogni e nella progettazione degli interventi.”

“L’attuazione dei LEP nei 750 centri pubblici per l’impiego – fa notare – presenta notevoli disparità territoriali. L’obiettivo di istituire un punto rete ogni 40 mila abitanti è raggiunto solo in un terzo delle sedi. Solo i servizi di accoglienza e informazione per gli utenti evidenziano una congrua diffusione sul territorio (90%). Disparità anche nei servizi di orientamento, di facilitazione dell’incontro tra domanda e offerta di lavoro e nei servizi rivolti alle imprese. L’evoluzione delle piattaforme per la condivisione di informazioni sui fabbisogni del mercato del lavoro e dell’offerta formativa ha portato alla creazione del Sistema Informativo per l’Inclusione Sociale e Lavorativa (SIISL), supportando l’accesso alle nuove misure di riforma del Reddito di Cittadinanza, dell’Assegno di Inclusione e del Supporto per la Formazione e il Lavoro, fornendo la base per estendere il suo uso a tutto il sistema delle politiche attive del lavoro. Le potenzialità del SIISL, recentemente aperto alla partecipazione di persone e imprese, per favorire l’incontro tra domanda e offerta di lavoro sono immense, grazie alla disponibilità di informazioni e banche dati non ancora completamente sfruttate, oltre all’opportunità di fornire una visione avanzata delle transizioni lavorative attraverso l’uso dell’intelligenza artificiale. Le criticità emerse indicano la necessità di una riforma complessiva delle politiche attive del lavoro, tesa a ridurre il mismatch e i tempi di transizione lavorativa: per sviluppare modelli di governance multilivello che coinvolgano istituzioni, parti sociali e soggetti accreditati nella programmazione e progettazione degli interventi; per promuovere la diffusione di modelli cooperativi, come le associazioni di scopo, volti a fornire servizi integrati di orientamento e formazione; per favorire lo sviluppo del SIISL con una lettura più evoluta delle transizioni lavorative e l’introduzione di un fascicolo del lavoratore come strumento per aumentare l’autostima personale e la produttività nei percorsi di attivazione delle misure; per rendere effettive le condizionalità per i beneficiari di sostegni al reddito. Tutte le offerte di lavoro coerenti con il profilo professionale delle persone dovrebbero essere accettate, per aumentare il tasso di impiego nei settori con alta mobilità e ridurre la quota di lavoratori a basso reddito. L’accettazione di contratti a breve termine potrebbe essere incentivata, rendendo compatibile, entro certi limiti, la continuità del sostegno pubblico con il salario percepito.”

“In Italia – suggerisce il presidente Forlani – è fondamentale dare priorità al rafforzamento dei percorsi in modalità duale (apprendistato e tirocini extracurricolari), creando un quadro normativo e contrattuale nazionale condiviso che valorizzi in modo integrato le innovazioni normative; alla flessibilizzazione e personalizzazione dell’offerta formativa per accelerare i processi di inserimento lavorativo, anche in contesti lavorativi, certificando le competenze acquisite; e alla predisposizione di moduli formativi per rinforzare le capacità di orientamento e le competenze digitali.”

“La partecipazione ai corsi di formazione professionale – spiega – rimane ferma all’8% tra i giovani e sta diminuendo numericamente (da 228 mila nel 2022 a 210 mila nel 2023). Sebbene ci sia stato un aumento dell’offerta di corsi nel Mezzogiorno, la percentuale di diplomati continua a provenire in maggioranza dalla Lombardia (55%). Un dato positivo è rappresentato dall’incremento dei percorsi di formazione in alternanza, che hanno raddoppiato le iscrizioni nell’anno formativo 2022-2023 (oltre 108 mila), grazie ai fondi significativi del PNRR. La partecipazione all’istituto dell’apprendistato è cresciuta lentamente, con 556 mila contratti nel 2022, di cui 312 mila nelle regioni del Nord, per lo più di tipo professionalizzante (97,7%).

“La previsione di estendere la partecipazione ai disoccupati adulti senza vincoli di età (decreto legislativo n. 81/2015) non ha trovato ampia attuazione. Questo tipo di contratto rimane lontano dai livelli di utilizzo riscontrati nei principali Paesi europei, che favoriscono l’apprendistato per veicolare i percorsi in alternanza e valorizzare la formazione anche tra i lavoratori adulti. Il numero di tirocini extracurriculari è aumentato concretamente, raggiungendo 1,150 milioni nel quadriennio 2020-2023, utilizzati principalmente per inserire i disoccupati (75,4%) piuttosto che come strumento di orientamento nel passaggio tra scuola-università e lavoro (10%). La partecipazione delle scuole superiori e delle università è inferiore al 4%. L’11,6% della popolazione in età lavorativa tra i 25 e i 64 anni ha partecipato ad attività di istruzione e formazione, con un incremento di 2 punti percentuali rispetto all’anno precedente, e un miglioramento nel ranking dei Paesi europei, dal 18° al 14° posto. Tuttavia, rimane distante dai Paesi leader, che superano il 20%.”

“La crescita degli interventi diretti dei 19 Fondi interprofessionali, promossi dalle parti sociali, ha coinvolto formalmente circa 770 mila imprese e 11 milioni di lavoratori – sostiene – grazie ai cofinanziamenti del Fondo nuove competenze, mobilitando 1,256 miliardi di euro dal novembre 2020 al dicembre 2023. I Fondi paritetici interprofessionali, in particolare con il II Avviso del Fnc, hanno promosso 5.144 piani formativi tenendo coinvolti 5.173 aziende e 480 mila lavoratori. Recentemente, il Fondo nuove competenze è stato rifinanziato con 730 milioni di euro (novembre 2024) per potenziare le competenze green e digitali. A parte le debolezze del sistema duale, è carente l’offerta formativa per adeguare le competenze nelle transizioni lavorative, valorizzando l’ambito lavorativo e i percorsi di micro-learning, essenziali per l’evoluzione delle competenze della popolazione adulta e per l’invecchiamento attivo. Le rilevazioni Cedefop 2023 segnalano l’elevato gradimento delle imprese europee per questi approcci (63%). Questo trend è confermato anche dall’indagine Inapp Indaco per le imprese italiane: il 22,4% delle aziende con oltre 250 dipendenti utilizza il micro-learning, mentre per le microimprese la percentuale si attesta al 7,3%. Infine, il 33% ha adottato la formazione digitalizzata per almeno il 75% dei progetti attivati. L’indagine Inapp Indaco-adulti 2022 indica un significativo potenziale di sviluppo delle attività formative non convenzionali: il 45,4% della fascia di popolazione tra i 18 e i 64 anni ha partecipato a percorsi di apprendimento strutturati con tutor, definiti come apprendimento non formale nell’indagine Adult Education Survey di Eurostat.

“Questi dati – commenta Natale Forlani – sembrano compensare, almeno in parte, i risultati negativi dell’indagine Ocse-Piaac sulle competenze cognitive della popolazione nei Paesi sviluppati, a cura dell’Inapp per l’Italia, che conferma la posizione bassa del nostro Paese sui tre indicatori usati (comprensione dei testi, utilizzo delle informazioni matematiche e capacità di risolvere problemi in modo dinamico). Lo sviluppo dell’Atlante del Lavoro e delle Qualificazioni dell’Inapp permette di valutare i fabbisogni formativi in modo personalizzato, in base alle caratteristiche degli individui e delle organizzazioni lavorative. Questo strumento può essere impiegato dai centri per l’impiego e dai soggetti accreditati per condividere informazioni e progettare offerte formative, valorizzando l’apprendimento pratico nelle realtà lavorative e le competenze trasversali.”

“La contrattazione collettiva nazionale – sottolinea – non sembra in grado di incentivare la crescita dei salari reali se non vengono adottati altri indicatori per orientare gli aumenti retributivi, come l’incremento della produttività, il fabbisogno di lavoratori qualificati e l’attrattività delle proposte salariali rispetto all’andamento dell’offerta di lavoro. Il potenziamento della contrattazione di secondo livello, sia aziendale che territoriale, è un complemento necessario per allineare la contrattazione collettiva alle evoluzioni delle organizzazioni produttive e del mercato del lavoro.”

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