ROMA (ITALPRESS) – L’Assistenza Domiciliare Integrata (ADI) è essenziale per fornire assistenza sanitaria di qualità agli anziani affetti da malattie croniche. Tuttavia, negli ultimi anni, nonostante un incremento nel numero di assistiti, la qualità del servizio non è progredita in modo proporzionale. Dal 2014 al 2023, la copertura dell’ADI è aumentata dal 1,95% al 3,89%, con l’intento di raggiungere il 10% entro il 2026, grazie a significative risorse derivanti dal PNRR, mirate a supportare 842.000 over 65. Le Regioni, però, devono migliorare sia l’intensità che la qualità dell’assistenza, in conformità con le normative recenti, come il DM 77/2022. Un’analisi preliminare della situazione attuale, delle problematiche e della ‘storia’ dell’assistenza domiciliare integrata, iniziata negli anni ’70, viene presentata nell’editoriale pubblicato sul sito ufficiale di Salutequità (www.salutequita.it), ma risulta ancora lontana dall’essere completamente implementata.
Nonostante i progressi normativi, l’integrazione dell’ADI nel sistema sanitario nazionale resta insufficiente. Il decreto ministeriale di gennaio 2023 ha sottolineato l’importanza dell’erogazione di cure domiciliari tramite enti pubblici e strutture accreditate. Alla fine del 2022, solo circa il 66% degli obiettivi assistenziali è stato raggiunto, e ben 12 Regioni non hanno rispettato le aspettative. Inoltre, la Corte dei Conti ha sollevato dubbi sulla validità dei risultati ottenuti e sulla capacità delle Regioni di rispettare i requisiti di accreditamento. Infine, una nuova legge del 2024 ha sospeso le disposizioni riguardanti l’accreditamento, rimandando la revisione a futuri accordi fra Stato e Regioni entro la fine del 2026.
Undici giorni dopo l’emanazione della legge sulla concorrenza, il decreto Milleproroghe (DL 27 dicembre 2024, n. 202) ha concesso alle Regioni un ulteriore anno, fino al 31 dicembre 2025, per adeguare i loro sistemi di accreditamento, creando un “cortocircuito normativo” che potrebbe complicare l’implementazione necessaria. Il testo è attualmente sotto esame presso la 1ª Commissione Affari Costituzionali, e sono stati proposti emendamenti per modificarlo o eliminarlo.
“Un’altra difficoltà – sottolinea Salutequità – riguarda le tariffe per l’Assistenza Domiciliare Integrata (ADI): nonostante l’accordo del 2021, meno della metà delle Regioni ha pubblicato le proprie tariffe. A tal proposito, il Decreto del Ministero della Salute del 13 marzo 2023 ha fissato un costo medio di 1.977,94 euro per il servizio domiciliare, ma ciò rappresenta solo una soluzione temporanea. Una volta esaurite le risorse del PNRR, la questione tariffaria rimarrà irrisolta, compromettendo la qualità dell’assistenza. Nel 2023, l’ADI ha registrato performance migliori rispetto al passato, superando l’obiettivo di nuovi assistiti (526.000) con un incremento del 101%. Tuttavia, i risultati sono stati molto variabili tra le diverse Regioni: PA Trento, Puglia, Toscana e Umbria hanno eccelso, mentre Sardegna, Sicilia, Calabria e Campania hanno trovato difficoltà a raggiungere i loro obiettivi. Solo nove Regioni hanno rispettato l’accordo CSR n. 151/21 entro i termini stabiliti, e molte altre hanno visto le novità rimanere sulla carta a causa della mancanza di controlli e verifiche.”
“Attualmente, solo Sicilia, Lombardia e Lazio dispongono di un sistema di accreditamento completamente operativo. È fondamentale migliorare l’ADI attraverso investimenti nel capitale umano e nelle tecnologie, rafforzando la formazione e la valutazione delle prestazioni assistenziali. Inoltre, è necessario promuovere una maggiore integrazione tra i servizi sanitari e sociali e innovare i modelli organizzativi, coinvolgendo enti pubblici e privati accreditati in un’efficace governance – conclude Salutequità -. L’obiettivo è utilizzare le risorse del PNRR per potenziare l’assistenza domiciliare, in particolare per i pazienti con maggiore complessità, evitando di limitarsi a monitorare i risultati attuali.”
– Foto Salutequità –
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