Ricerca e studio genomico ricostruiscono l'evoluzione delle iguane delle Galápagos

Ricerca e studio genomico ricostruiscono l’evoluzione delle iguane delle Galápagos

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Una nuova luce sull’evoluzione delle iguane terrestri delle Galápagos emerge da uno studio che offre dettagli inediti sui tempi e i meccanismi della loro diversificazione. La ricerca è stata pubblicata nell’ultimo numero di Molecular Phylogenetics and Evolution.

Esaminando il DNA degli esemplari attualmente presenti nelle isole ecuadoriane, un team di studiosi guidato da Gabriele Gentile, professore di Zoologia all’Università di Roma Tor Vergata e scopritore dell’iguana rosa nei primi anni 2000, ha ricostruito i tempi e le modalità della loro evoluzione a partire da un antenato comune originario del continente americano. Lo studio, condotto dal Consorzio internazionale per i Genomi dei rettili Iguanidi, coinvolge ricercatori di diverse istituzioni di ricerca nel mondo e conferma che l’antenato di questo gruppo di rettili ha colonizzato l’arcipelago circa 10 milioni di anni fa, in un periodo in cui le attuali isole non erano ancora emerse. Le terre ora sommerse nell’oceano hanno rappresentato il punto di partenza di un lungo percorso evolutivo. Le glaciazioni degli ultimi centomila anni nell’emisfero settentrionale hanno abbassato il livello del mare, consentendo temporanee connessioni tra alcune delle isole Galápagos, facilitando così la colonizzazione e il differenziamento delle varie specie di iguane dell’arcipelago.

“La ricerca dimostra che l’iguana rosa delle Galápagos (Conolophus marthae) è emersa dopo la colonizzazione dell’isola di Isabela, avvenuta circa 500.000 anni fa, molto più recentemente rispetto a quanto precedentemente ipotizzato”, spiega Gabriele Gentile, coordinatore del Consorzio internazionale e autore principale dello studio.

Esistono diverse teorie riguardo alla colonizzazione delle Galápagos da parte degli organismi che le abitano. Una prima teoria propone che zattere di vegetazione, portate dalle piene dei fiumi andini, si siano spostate occasionalmente dal Sud America. Queste “isole di vegetazione”, una volta catturate dalla ‘Grande Corrente Equatoriale’, che può trasportare detriti costieri verso le isole Galápagos in circa cinque settimane, potrebbero aver introdotto nuovi colonizzatori, tra cui i rettili, noti per la loro resistenza durante lunghi viaggi marini. Un’altra teoria suggerisce che animali provenienti dal Centro America abbiano migrato lentamente verso le Galápagos grazie alle antiche isole vulcaniche e alle correnti oceaniche favorabili dell’epoca, oggi scomparse.

“L’analisi demografica ha messo in evidenza tendenze opposte nelle popolazioni di iguane rosa e gialle (Conolophus subcristatus) presenti sul vulcano Wolf, il più alto dell’isola di Isabela, suggerendo una possibile interazione competitiva tra le due specie”, aggiunge Cecilia Paradiso, prima autrice della ricerca, insieme a Paolo Gratton. “I progressi nella genomica ci consentono ora di ottenere informazioni molto più dettagliate dagli studi genetici rispetto al passato”, evidenzia Gratton. Lo studio del patrimonio genetico delle diverse specie di iguane delle Galápagos è stato effettuato utilizzando la tecnica RadSeq, che permette di analizzare ampie sezioni del genoma di numerosi individui, fornendo informazioni sull’origine e sugli spostamenti storici delle specie.

Un altro focus dello studio ha riguardato l’iguana terrestre di Santa Fe (Conolophus pallidus), la cui diversificazione è stata influenzata dall’isolamento geografico causato dall’innalzamento del livello del mare verificatosi alla fine dell’ultima glaciazione, che ha separato le popolazioni ancestrali, favorendo così la speciazione. La ricerca ha inoltre evidenziato che le popolazioni di iguane hanno storicamente posseduto dimensioni ridotte, un fattore che potrebbe aver impattato sulla loro diversità genetica e resilienza nel tempo. “Questi risultati offrono nuove prospettive per la conservazione delle specie endemiche dell’arcipelago, evidenziando la necessità di strategie mirate per tutelare questa biodiversità unica,” conclude l’università.

Fonte notizia

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