Resta ancora molto da apprendere

Resta ancora molto da apprendere

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Mentre alcuni propongono di far uscire l’Italia dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), sono trascorsi cinque anni dai primi casi di Sars-CoV-2 in Italia, quando la coppia cinese di Wuhan – Xiangming Liu e Yamin Hu – venne ricoverata il 29 gennaio all’Inmi Spallanzani di Roma. Questo evento segnò l’inizio della pandemia di Covid in Italia e in Europa. Da quel momento, molte cose sono cambiate: oggi, i bollettini settimanali passano quasi inosservati e i numeri sono molto bassi. Tuttavia, l’esperienza vissuta rimane impressa nella memoria di coloro che l’hanno affrontata. Enrico Girardi, direttore scientifico dell’Inmi Spallanzani di Roma e all’epoca direttore del Dipartimento di Epidemiologia clinica, ha dichiarato all’Adnkronos Salute: “L’interesse scientifico per il Sars-CoV-2 è ancora elevato, con studi e ricerche in corso, anche se la percezione comune e quella dei media è che la situazione sia risolta. Da un nostro punto di vista, essendo stata la prima pandemia in un mondo altamente tecnologico, abbiamo molto da imparare da quanto accaduto. Abbiamo acquisito informazioni importanti su come si è sviluppata la pandemia, ciò che è stato fatto, ciò che ha funzionato e quali strumenti dobbiamo sviluppare per il futuro. In termini scientifici e di organizzazione sanitaria, la realtà è che c’è ancora molto da apprendere”.

Cinque anni fa, la coppia fu soccorsa in un hotel nel quartiere Monti di Roma. Il marito presentava segni di polmonite interstiziale bilaterale, mentre la moglie mostrava inizialmente sintomi lievi, che però peggiorarono rapidamente. Entrambi furono sottoposti a una terapia combinata di antivirali e cortisone. Dopo quasi tre mesi di riabilitazione al San Filippo Neri, furono dimessi il 21 aprile per tornare in Cina, esprimendo gratitudine nei confronti dello Spallanzani e successivamente effettuando una donazione come gesto di riconoscenza.

“Ci sono aspetti legati al Covid su cui è necessario mantenere alta l’attenzione”, continua Girardi. “Non ci riconosciamo né in chi afferma che tutto è stato perfetto cinque anni fa, né in chi sostiene che tutto sia stato sbagliato. Abbiamo fatto molto ed è un’opportunità unica per continuare ad imparare. Essere culturalmente pronti ad affrontare eventi simili è fondamentale, poiché non possiamo prevenire tutto così facilmente. Comprendo la stanchezza legata all’emergenza, ma è essenziale affrontare questi eventi in modo sistematico. Il nostro mondo favorisce la diffusione di alcune epidemie con rapidità. Avere una logica emergenziale è, purtroppo, un fallimento, poiché seguiamo ogni segnale di allerta o focolaio. Dobbiamo invece organizzare un sistema che possa mitigare le possibili conseguenze di tali eventi”. È davvero possibile fare a meno dell’Oms? “Riteniamo che non si possa operare senza cooperazione internazionale; la ricerca non può esistere senza di essa”, chiarisce Girardi.

Se domani si presentasse una ‘malattia X’, sarebbe possibile replicare quanto fatto cinque anni fa oppure sarebbe necessario un nuovo modello? “Credo che le lezioni apprese possano essere applicate oggi in modo più rapido”, risponde Girardi. “La scoperta della coppia cinese a Roma ha avuto un effetto positivo, poiché l’Italia ha avuto quasi un mese tra questi primi due contagi e il caso zero a Codogno. Questo mese è stato cruciale. La lezione più importante di questa esperienza è che, sebbene lo Spallanzani avesse già un’esperienza con l’emergenza Ebola, quel mese ci ha consentito di prepararci e allenarci in condizioni favorevoli. Il nostro modello è stato quello di una rapida riconversione. Abbiamo compreso che il sistema sanitario può aumentare celermente il proprio impegno e attenzione, ma rimanere più lento nel rimuovere determinati provvedimenti. Ogni azione ha un costo: chiudere le visite nei reparti ospedalieri e nelle RSA non è una decisione da prendere alla leggera, ma deve essere ben giustificata e attuata con rapidità. Lo stesso vale per la didattica a distanza, che è stata abbandonata con eccessiva lentezza”.

Riguardo alcune misure adottate durante la pandemia, Girardi osserva: “Siamo stati più bravi e coraggiosi nel prendere alcune decisioni piuttosto che nel revocarle. Potrebbe essere utile un sistema che si interroghi costantemente su cosa attivare o sospendere. È facile dirlo oggi, ma queste sono riflessioni che devono essere fatte senza cadere in schemi di ‘buoni’ e ‘cattivi’. L’eredità è quella di un sistema capace di adattarsi e rispondere”.

Durante quegli anni, lo Spallanzani è stato un baluardo contro la pandemia, segnando ogni tappa verso l’uscita dall’emergenza. Qui è stato sequenziato il virus e somministrato il primo vaccino anti-Covid, per esempio. Oggi avrebbe lo stesso ruolo? “Il lavoro svolto in quegli anni è stato possibile grazie a un impegno costante in tempi non emergenziali”, conclude Girardi. “La nostra visione è quella di continuare a migliorare e affinare gli strumenti e l’offerta. Recentemente, abbiamo presentato un bando per nuovi laboratori e speriamo di attivare un laboratorio di alto bio-controllo entro la fine dell’anno. Il ministero della Salute e la Regione Lazio ci stanno supportando in questo processo di rinnovamento. Desideriamo continuare a offrire supporto al sistema sanitario. Lavoriamo per mantenere e migliorare la nostra capacità operativa a livelli sempre più elevati garantendo la sicurezza. Ci stiamo pure impegnando nella ricerca clinica sul Covid, esplorando nuovi strumenti terapeutici e le sfide del long Covid. In un certo senso, abbiamo già implementato le strategie che avevamo accumulato dal 2020. Non ci consideriamo il centro del mondo, ma siamo una componente utile del sistema”. (DI FRANCESCO MAGGI)

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