L'IA alimenta la crescita del Pil, ma uno studio avverte: 6 milioni di posti di lavoro a rischio

L’IA alimenta la crescita del Pil, ma uno studio avverte: 6 milioni di posti di lavoro a rischio

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(181206) — BEIJING, Dec. 6, 2018 (Xinhua) — A customer captures images of robotic arms at a hot pot restaurant in Beijing on December 5, 2018. This restaurant, featuring artificial intelligence, big data management, and smart robot services, has attracted many patrons. After placing orders via a tablet computer, robotic arms prepare the meals, which are delivered to tables by robots. Kitchen staff manage the entire process and monitor data for enhanced management. (Xinhua/Chen Junqing) (zwx) (Photo by Xinhua/Sipa USA) (Beijing – 2018-12-05, Xinhua / ipa-agency.net) p.s. The photo can be used within the context it was taken, without any defamatory intent towards the individuals depicted

Il livello di rischio per la sostituzione o la complementarità aumenta con il grado di istruzione: il 64% dei lavoratori a basso rischio non ha un diploma di scuola superiore e solo il 3% è laureato. Tra i lavoratori più esposti a possibilità di sostituzione, il 54% possiede un’istruzione superiore e il 33% ha una laurea. In controtendenza, coloro che sono più soggetti alla complementarità delle IA nei processi produttivi sono principalmente laureati (59%) e il 29% ha un diploma di scuola superiore.

L’esposizione all’IA è direttamente proporzionale al livello di istruzione e ciò comporta anche un ampliamento del gender gap, dato che le donne sono più colpite: rappresentano il 54% dei lavoratori ad alta esposizione di sostituzione e il 57% di quelli ad alta complementarità. Il gap esiste anche fra i vari sistemi imprenditoriali dei paesi europei. Nel 2024, solo l’8,2% delle imprese italiane utilizza l’IA, mentre in Germania è il 19,7% e la media dell’UE è del 13,5%. Questo divario è particolarmente evidente nei settori del commercio e della manifattura, dove l’Italia ha tassi di adozione inferiori alla media europea. Per il biennio 2025-2026, il 19,5% delle imprese italiane prevede di investire in beni e servizi legati all’IA, con percentuali più alte nel settore informatico (55%) e più basse nella ristorazione (1,4%). Le grandi aziende mostrano una maggiore propensione ad investire rispetto alle PMI.

L’investimento nel PIL per ricerca e sviluppo evidenzia un dato preoccupante: l’Italia spende l’1,33% del PIL, rispetto al 2,33% della media europea. L’obiettivo dell’UE è raggiungere una media del 3% entro il 2030, un traguardo già superato dalla Germania (3,15%), mentre la Francia si attesta al 2,18%, comunque lontana dalla meta fissata per il 2030. Secondo un’analisi recente di Censis, il 20-25% dei lavoratori utilizza strumenti di IA nel proprio lavoro. Nel dettaglio, il 23,3% utilizza IA per scrivere email, il 24,6% per messaggi, il 25% per rapporti e il 18,5% per la creazione di curriculum. L’uso di strumenti di IA aumenta con l’età, con il 35,8% della fascia 18-34 anni che li utilizza per redigere rapporti, rispetto al 23,5% degli over 45. Per la scrittura di email, il tasso è del 28,8% tra i più giovani, mentre scende al 21,9% tra chi ha più di 45 anni. Non si riscontrano, però, differenze significative tra i vari livelli di istruzione.

In termini di occupazione, si prevede che entro il 2030 circa il 27% delle ore lavorative in Europa sarà automatizzato. I settori più a rischio sono la ristorazione (37%), il supporto d’ufficio (36,6%) e la produzione (36%), mentre la sanità e il management sono i meno colpiti. L’Italia mostra un ritardo notevole nell’adozione dell’Intelligenza Artificiale rispetto ad altre nazioni europee. Secondo il Government AI Readiness Index 2024, l’Italia è al 25° posto, superata da 13 paesi europei.

– foto IPA Agency –

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