Il livello di rischio per la sostituzione o la complementarità aumenta con il grado di istruzione: il 64% dei lavoratori a basso rischio non ha un diploma di scuola superiore e solo il 3% è laureato. Tra i lavoratori più esposti a possibilità di sostituzione, il 54% possiede un’istruzione superiore e il 33% ha una laurea. In controtendenza, coloro che sono più soggetti alla complementarità delle IA nei processi produttivi sono principalmente laureati (59%) e il 29% ha un diploma di scuola superiore.
L’esposizione all’IA è direttamente proporzionale al livello di istruzione e ciò comporta anche un ampliamento del gender gap, dato che le donne sono più colpite: rappresentano il 54% dei lavoratori ad alta esposizione di sostituzione e il 57% di quelli ad alta complementarità. Il gap esiste anche fra i vari sistemi imprenditoriali dei paesi europei. Nel 2024, solo l’8,2% delle imprese italiane utilizza l’IA, mentre in Germania è il 19,7% e la media dell’UE è del 13,5%. Questo divario è particolarmente evidente nei settori del commercio e della manifattura, dove l’Italia ha tassi di adozione inferiori alla media europea. Per il biennio 2025-2026, il 19,5% delle imprese italiane prevede di investire in beni e servizi legati all’IA, con percentuali più alte nel settore informatico (55%) e più basse nella ristorazione (1,4%). Le grandi aziende mostrano una maggiore propensione ad investire rispetto alle PMI.
L’investimento nel PIL per ricerca e sviluppo evidenzia un dato preoccupante: l’Italia spende l’1,33% del PIL, rispetto al 2,33% della media europea. L’obiettivo dell’UE è raggiungere una media del 3% entro il 2030, un traguardo già superato dalla Germania (3,15%), mentre la Francia si attesta al 2,18%, comunque lontana dalla meta fissata per il 2030. Secondo un’analisi recente di Censis, il 20-25% dei lavoratori utilizza strumenti di IA nel proprio lavoro. Nel dettaglio, il 23,3% utilizza IA per scrivere email, il 24,6% per messaggi, il 25% per rapporti e il 18,5% per la creazione di curriculum. L’uso di strumenti di IA aumenta con l’età, con il 35,8% della fascia 18-34 anni che li utilizza per redigere rapporti, rispetto al 23,5% degli over 45. Per la scrittura di email, il tasso è del 28,8% tra i più giovani, mentre scende al 21,9% tra chi ha più di 45 anni. Non si riscontrano, però, differenze significative tra i vari livelli di istruzione.
In termini di occupazione, si prevede che entro il 2030 circa il 27% delle ore lavorative in Europa sarà automatizzato. I settori più a rischio sono la ristorazione (37%), il supporto d’ufficio (36,6%) e la produzione (36%), mentre la sanità e il management sono i meno colpiti. L’Italia mostra un ritardo notevole nell’adozione dell’Intelligenza Artificiale rispetto ad altre nazioni europee. Secondo il Government AI Readiness Index 2024, l’Italia è al 25° posto, superata da 13 paesi europei.
– foto IPA Agency –