Cinque anni dopo l’inizio della pandemia da Covid, il dottor Raffaele Bruno ricorda quando curò il ‘paziente 1’ di quel virus sconosciuto. “È un anniversario significativo” per il coronavirus “e naturalmente suscita riflessioni e ricordi”: cinque anni da quel 20 febbraio 2020, quando a Codogno, in Lombardia, venne identificato il ‘paziente 1’ d’Italia, segnando l’avvio dello tsunami che colpì gli ospedali di diverse regioni del Paese.
Raffaele Bruno, direttore della Struttura complessa Malattie infettive del Policlinico San Matteo – Università di Pavia, ha assistito quel giovane paziente, Mattia Maestri, nei suoi giorni di lotta tra la vita e la morte. “Oggi – racconta all’Adnkronos Salute – con i colleghi ricordavamo perfettamente la tensione e la preoccupazione di quei giorni che furono frenetici, sia per noi in prima linea sia per l’intera Italia. Aver avuto l’onore e l’onere di gestire il paziente 1 ha incrementato la nostra responsabilità, rendendolo un caso emblematico. La malattia grave di un giovane ha fatto capire alla gente che nessuno era davvero al sicuro“.
Con Mattia Maestri, il mondo al di fuori della Cina — che a Wuhan aveva sperimentato per prima l’impatto di Sars-CoV-2 — ha compreso la gravità. Dopo la sua guarigione e dimissione, sono arrivati, dopo lunghi mesi, anche i titoli di coda della pandemia, e ora tutto sembra distante; tuttavia, “ritengo sia importante avere un giorno di memoria“, riflette Bruno. “Avvicinandosi a questa data, io, come medico che è stato in prima linea, provo sentimenti contrastanti. Da una parte ci sono ricordi dolorosi – come l’impotenza iniziale – dall’altra momenti di speranza, come le prime guarigioni, quella di Mattia è stata una vittoria non solo in ambito medico, ma anche simbolica per il Paese. Mi fa pensare a quanto siamo cresciuti, ma al contempo mi ricorda che non possiamo abbassare la guardia. In questo anniversario, ciò che mi preme sottolineare è che la scienza non è solo normativa, ma anche umiltà, empatia e capacità di collaborare. Non bisogna dimenticare. Perché se si dimentica, e da un’esperienza così drammatica non si estrapolano insegnamenti positivi, davvero ci troveremo a subire un danno doppio”.
È tempo di bilanci, quindi, per Bruno e per molti professionisti che hanno vissuto la pandemia. Ma non occorre una ricorrenza per sentire il legame con chi, nelle vesti di paziente, ha condiviso quei momenti con lui: “Mattia lo sento sempre, si è instaurato un rapporto umano che va oltre quello professionale. È un’amicizia consolidata, non c’è bisogno di dirci nulla” oggi. “Stiamo attraversando un momento di rivalità calcistica, dato che lui tifa Milan e io Inter – scherza – altro che Covid, altro che Sars-CoV-2”.