Il caso di un gatto positivo all’influenza aviaria, trovato a Valsamoggia, nel Bolognese, si tratta di un chiaro segnale che, secondo Mauro Pistello, direttore dell’Unità di Virologia dell’Azienda ospedaliera universitaria di Pisa, “il virus sta lentamente avvicinandosi a noi dopo anni di attività ‘silenziosa’, infettando altri mammiferi”. Ha aggiunto che “si tratta di un adattamento che suggerisce che presto potremmo assistere al primo caso umano in Italia”. Tuttavia, ha rassicurato che “non c’è motivo di allarmarsi, poiché esiste già un vaccino contro l’H5N1. Alcuni paesi, ma non l’Italia, hanno già accumulato delle scorte, e in Italia la sorveglianza epidemiologica è ben equipaggiata grazie agli Istituti zooprofilattici che operano in rete. Ciò che mi preoccupa di più è un potenziale focolaio in un allevamento, che potrebbe ‘innescare’ un’epidemia se non monitoriamo attentamente questo settore”.
“Nell’uomo, l’H5N1 rimane un virus gestibile che colpisce le vie aeree superiori, quindi produrrà una malattia meno grave ma più contagiosa rispetto ad altri virus che attaccano i polmoni e possono causare polmoniti più severe”, ha concluso il virologo.
Pregliasco: “Incomprensibile che l’Italia non abbia scelto i vaccini”
Fabrizio Pregliasco, virologo e direttore della Scuola di specializzazione in Igiene e Medicina preventiva dell’Università Statale di Milano, ha sottolineato all’Adnkronos Salute che “a livello internazionale si sottovaluta la diffusione dell’influenza aviaria, sia negli animali che nell’uomo”. Ha aggiunto che “sebbene alcuni paesi europei abbiano intrapreso iniziative, l’Italia non ha compreso l’importanza di opzionare vaccini prepandemici già disponibili e messi a disposizione dall’Europa, il che non è affatto positivo”.
L’esperto ha anche affermato che “è difficile prevedere il futuro”, ma non si aspetta di vedere casi umani in Italia nel prossimo futuro. Tuttavia, ha ribadito l’importanza di rafforzare la sorveglianza. “La questione è di portata internazionale e richiede una sorveglianza rigorosa tanto sul fronte veterinario quanto tra i pazienti. È fondamentale accelerare i test per la sottotipizzazione dei virus A, come raccomandato dai Cdc americani, per avere segnali immediati in caso di infezione da virus come l’H5N1”.