ROMA (ITALPRESS) – L’obiettivo del recente incontro tra esperti e rappresentanti istituzionali è stato quello di potenziare la diagnosi precoce e migliorare il sistema di presa in carico. Questo evento si è svolto nella Sala Caduti di Nassirya del Senato della Repubblica durante la conferenza stampa di presentazione del policy paper intitolato “Amiloidosi cardiaca: dalle necessità dei pazienti alle nuove frontiere della ricerca”, realizzato con il supporto non vincolante di Bayer Italia. L’incontro, promosso dalla Senatrice Elena Murelli, Membro della 10^ Commissione e Presidente dell’Intergruppo Parlamentare sulle Malattie Cardio, Cerebro e Vascolari, ha visto la partecipazione di Istituzioni ed esperti clinici per affrontare le sfide associate alla diagnosi dell’amiloidosi cardiaca e sottolineare la necessità di un sistema di presa in carico più strutturato, per garantire ai pazienti un accesso tempestivo e uniforme alle terapie.
A dare avvio ai lavori è stata la senatrice Elena Murelli, che ha sottolineato l’urgenza di migliorare il percorso diagnostico e terapeutico per l’amiloidosi cardiaca, proponendo misure concrete per rafforzare la rete di centri specializzati e per l’istituzionalizzazione di un Percorso Diagnostico-Terapeutico Assistenziale su scala nazionale. Successivamente, Manuela Bocchino, del Dipartimento Malattie Cardiovascolari, Endocrino-metaboliche e Invecchiamento dell’Istituto Superiore di Sanità, ha descritto l’impatto epidemiologico della malattia e l’importanza di ampliare i programmi di screening e telemedicina.
“L’amiloidosi cardiaca rappresenta – ha affermato Murelli – una sfida che richiede un cambiamento di paradigma nella gestione della diagnosi e della presa in carico dei pazienti. Per ridurre i ritardi diagnostici, è imperativo implementare programmi di screening in grado di identificare precocemente la patologia, migliorando così le opportunità di trattamento e la qualità della vita dei pazienti. Inoltre, il futuro delle terapie per l’amiloidosi cardiaca sta evolvendo rapidamente, offrendo sempre più concrete possibilità di accesso a trattamenti innovativi che possono modificare il decorso della malattia”.
Tra i punti salienti del policy paper, spicca la necessità di implementare programmi di screening per ridurre il tempo medio tra l’insorgenza dei primi sintomi e la diagnosi confermata. Francesco Cappelli, Referente del Centro per lo Studio e la Cura dell’Amiloidosi dell’Azienda Ospedaliero Universitaria Careggi di Firenze, ha evidenziato come la tempestiva identificazione della malattia sia cruciale per garantire ai pazienti l’accesso a trattamenti adeguati: “La principale barriera rimane la scarsa consapevolezza della patologia. Il problema, a mio avviso, risiede nella formazione del sospetto diagnostico. Una volta che esiste il sospetto, il percorso per confermare o escludere la patologia è standardizzato e disponibile in vari centri specializzati nel territorio nazionale. Pertanto, il ritardo diagnostico in questa fase è attribuibile a una scarsa riconoscibilità della malattia in fase iniziale e quindi a un’insufficiente approfondimento diagnostico e invio a centri dedicati”.
Nel documento emerge anche l’urgenza di potenziare le reti di centri specializzati e migliorare il coordinamento tra ospedali e centri di riferimento, poiché l’attuale organizzazione presenta disomogeneità territoriali che possono ostacolare la rapidità nella presa in carico del paziente. A tal proposito, Alberto Cipriani, Referente del Centro di Riferimento per le Amiloidosi Cardiache dell’AOU di Padova, ha sottolineato come “per migliorare la collaborazione tra centri di riferimento e ospedali territoriali e ottimizzare la presa in carico dei pazienti, è essenziale investire nella formazione dei medici sul territorio, in modo da facilitare diagnosi più tempestive. Allo stesso tempo, l’adozione di percorsi diagnostico-terapeutici condivisi e l’integrazione di strumenti di telemedicina permetterebbero di assicurare un accesso equo alle cure e una gestione più efficace della patologia. La creazione di reti multidisciplinari formalizzate, supportate da piattaforme digitali per la condivisione dei dati clinici, rappresenterebbe un importante passo avanti nella continuità assistenziale”.
Il documento presentato propone dunque un modello che valorizza il primato della diagnosi precoce e riconosce l’importanza delle attività dei centri di riferimento in sinergia con la medicina territoriale, promuovendo un accesso più equo alle cure e minimizzando le attuali disomogeneità regionali, a beneficio della qualità di vita dei pazienti.
– foto ufficio stampa Esperia Advocacy –
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