Come ricorderanno i lettori, lo scorso settembre 2024, San Piero a Sieve ha accolto nei locali dell’Ex Oratorio della Misericordia una importante mostra fotografica e iconografica dal titolo “Dalla nascita del fascismo alla liberazione di un paese: San Piero a Sieve”, curata da un comitato formato per l’occasione, al quale ho partecipato anch’io. OKMugello ne ha dato ampio risalto.
Questo evento ha avuto un seguito significativo, legato al ritrovamento della figlia di Domenico Trifirò, un giovane partigiano che fu ucciso dai tedeschi nel territorio di San Piero a Sieve durante la guerra di liberazione. Una storia drammatica, come molte altre di quel periodo, che grazie alla cara Elisabetta Boni, membro del comitato promotore, pubblichiamo in questa occasione, accompagnata da due immagini relative a Borgo San Lorenzo, dove Domenico visse brevemente. La storia ha la capacità di emergere, come l’olio nell’acqua, per raccontarci verità e particolari a noi sconosciuti. Buona lettura.
“ – Terzo figlio di Antonio e Giovanna Crisafulli, emigrati dalla Sicilia in America, Domenico Trifirò nasce a New York il 1 agosto 1921. Ancora ragazzo, ritorna in Sicilia con la famiglia a Santa Lucia del Mela (ME), spinto dal forte richiamo della terra d’origine. Non deve essere stato facile adattarsi a un ambiente così diverso dall’America. La sua intenzione era di sposare una ragazza italiana e tornare negli Stati Uniti, dove i suoi fratelli maggiori, Carmela e Giuseppe, si erano sistemati con le loro famiglie. La sorella più piccola, Gaetana, è rimasta sempre in Italia.
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Ma la vita di Domenico prese una piega diversa: prima una malattia ai polmoni durante il servizio di leva, poi la guerra. Nel frattempo, scoprì l’amore per Domenica Coppolino; il loro incontro lo colpì profondamente, come dimostrano le sue tenere lettere dal fronte. Si sposarono e nacque la loro bambina, Giovanna, il 21 settembre del ’42. Erano tempi difficili, ma la giovinezza portava sogni di un futuro migliore per loro tre.
Domenico, arruolato come Aviere, si trovava a Borgo San Lorenzo il giorno dell’armistizio, l’8 settembre ’44. Decise di non tornare a casa per paura di non superare i controlli, così lavorò qualche ora come facchino all’Hotel Ponte Rosso. Mentre la resistenza si organizzava contro il nazifascismo, anche Domenico decise di impegnarsi. Con la sua esperienza militare, contribuì alla Brigata Ballerini e, successivamente, alla Formazione Fanfulla della Brigata Lavacchini, dove divenne il trentanovesimo membro, assumendo il nome di battaglia ‘Trentanove’. Durante una missione di rifornimento, il 26 giugno, fu scoperto e ucciso dai tedeschi in località Castellaccio. Fu l’unico partigiano caduto di San Piero a Sieve, non aveva ancora compiuto 23 anni. La sua morte colpì profondamente amici e familiari; la madre morì poco dopo, probabilmente a causa del dolore. La moglie, distrutta dalla perdita e con una bambina di ventuno mesi da accudire, si adoperò in ogni tipo di lavoro, ma un anno e mezzo dopo, quando Giovanna aveva circa tre anni e mezzo, fu costretta a metterla in orfanotrofio per lavorare come bambinaia presso una famiglia nobile a Barcellona, in provincia di Messina. La piccola trascorse dieci anni in quell’istituto di Pistunina; pur non mancando di nulla, sentiva la mancanza della famiglia, in particolare del padre. Giovanna non si rassegnava alla morte di Domenico; sperava sempre in un errore. La madre le parlava poco di lui e l’unica foto presente era quella sul comodino, sufficiente per alimentare la sua fantasia da bambina. Una sola volta, lo vide in sogno: ‘Figlia mia, come stai?’ e poi sparì di nuovo.
Crescendo, iniziò a comprendere la realtà, ma il pensiero del padre la accompagnava sempre. Dopo il suo matrimonio con Francesco Nicolo’, il 15 aprile del ’67, esaudì il desiderio di visitare la tomba del padre, sepolto nella Cappella Ossario del cimitero della Misericordia a Borgo San Lorenzo.
Giovani e disorientati, arrivarono con il treno. Chiesero informazioni all’anagrafe del Comune e, mentre domandavano dove si trovasse il cimitero, un signore in fila si fece avanti quando lesse il nome di Domenico Trifirò. Era un suo compagno di battaglia, che conosceva un barbiere a Borgo in possesso delle chiavi del cimitero. Insieme, si recarono al sacrario, dove Giovanna fece notare l’errore nel cognome (Trifilo’ anziché Trifirò) e richiese la correzione. Forse solo in quel momento accettò la morte del padre, vedendo il suo nome su quella lapide. Il suo pensiero continuò a seguirla nella vita, tanto che i figli le regalarono biglietti aerei per Firenze, in occasione di un compleanno, affinché potesse pregare sulla tomba del padre. Questa volta non fu necessario andare in Comune; si celebrava una cerimonia pubblica di commemorazione dei caduti e si unì al corteo per raggiungere il cimitero.
Dopo la morte della madre Domenica, avvenuta tre anni fa, Giovanna trovò due foto con dediche del marito e alcune lettere romantiche che restituivano l’immagine di un ragazzo buono e molto affettuoso. Chissà cosa avrà pensato Domenico quel giorno di oltre ottant’anni fa, di fronte ai tedeschi nei boschi di Valdastra? Forse rivisse i volti delle persone importanti della sua vita: la madre, la moglie e la bambina che lo attendeva. Non lo sapremo mai, ma ora abbiamo qualcosa di più su di lui: due foto, un ricordo prezioso per sua figlia e per noi del Comitato 10 Settembre, che ci permettono di dare un volto a un partigiano onorato con una via a San Piero e sempre ricordato nel giorno della Liberazione.
Giovanna è stata rintracciata grazie a una lettera del Comune inviata al Municipio di S. Lucia del Mela. Saputo che qualcuno la cercava per avere notizie sul padre, si è subito messa in contatto con noi con una lettera commovente. Inviammo il catalogo della mostra e richiedemmo foto e ulteriori informazioni. Le foto ci sono; le informazioni sono limitate, poiché nessuno affrontava il doloroso argomento con lei, cresciuta portando il peso di un’assenza incolmabile. Nonostante ciò, Giovanna è una persona vivace, curiosa e intelligente. Ha grande voglia di tornare a Firenze per visitare la tomba del padre e per conoscere le autorità comunali e noi che la aspettiamo con entusiasmo, insieme a suo marito e ai figli (Domenico, ovviamente, e Nadia). Grazie Giovanna! Grazie al suo amore tenace e al suo costante ricordo, Domenico Trifirò continua a vivere in ognuno di noi.
(Elisabetta Boni) –“.
La storia finisce qui, ma non il ricordo di questo giovane aviere italiano, nato a New York, originario della Sicilia, e che riposa in terra mugellana. Onore imperituro!!